Il volume giunge a qualche anno di distanza dalla mostra di Mantova del 2006 che per la prima volta ha affrontato in maniera diretta la problematica di Mantegna scultore e dove è stata esposta per la prima volta, con l'attribuzione al grande artista, la statua in pietra di Nanto policromata raffigurante Sant'Eufemia proveniente dalla cattedrale di Montepeloso (oggi Irsina), in Basilicata, resa nota dalla Gelao sin dal 1996 e giunta nel piccolo centro lucano intorno al 1454 da Padova, per volontà del presbitero Roberto de Mabilia, rettore della chiesa padovana di San Daniele, e autore di una consistente donazione alla cattedrale del suo paese d'origine. Statua di stupefacente qualità che, quasi ignorata al momento della sua pubblicazione, ha visto in seguito consolidarsi due schieramenti critici, l'uno favorevole a considerarla, sulla scorta degli elementi portati dalla Gelao, l'unica testimonianza certa dell'attività di Mantegna scultore, l'altro propenso ad attribuirla a Pietro Lombardo, anche se, in quest'ultimo caso, la cronologia viene fatta oscillare tra il 1454 e il 1470, se non oltre. A raccontare la vicenda dell'arrivo della statua a Montepeloso, e di tutte le altre opere componenti la donazione è, nel 1592, un poemetto agiografico di Pasquale Verrone, arcidiacono della cattedrale di Montepeloso nonché intellettuale ben inserito nell'ambiente romano. La mostra mantegnesca di Parigi del 2008, nella quale la statua di Sant'Eufemia è stata nuovamente esposta, ha riproposto l'attribuzione a Pietro Lombardo, senza però apportare alcun elemento nuovo al sostegno di questa tesi. In questo volume Clara Gelao ribadisce la sua attribuzione al Mantegna non soltanto approfondendo l'attendibilità della fonte cinquecentesca, ma portando nuove riflessioni su Mantegna scultore, scaturite dalla visione completa (recto e verso, profili) della statua, impossibile sino al 2006 e consentita per la prima volta dall'esposizione di Mantova di due anni prima. Di conseguenza, il lungo e appassionato racconto fatto dall'autrice delle varie tappe in cui negli anni si è snodato il dibattito critico sulla scultura trasforma quella che potrebbe sembrare una semplice diatriba attributiva limitata al mondo degli storici dell'arte in una esemplificazione delle chiusure accademiche che possono manifestarsi dinanzi a proposte nuove e a opinioni diverse, qualora si rifiuti di discuterle ignorando del tutto i documenti portati a riprova.
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