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da MArte

La fotografia empatica e tagliente di Paolo Pellegrin

di Redazione

A Venezia le Stanze della Fotografia accolgono gli scatti di uno dei più acuti testimoni del nostro tempo. Oltre 300 immagini racchiudono gli eventi più significativi della storia recente, dal 1995 a oggi

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Romano, classe 1964, Paolo Pellegrin ha saputo cogliere, attraverso il suo obiettivo, le dinamiche turbolente della Storia, trasformandole in immagini ancorate nel nostro tempo.
La mostra alle Stanze della Fotografia, sull’isola di San Giorgio Maggiore, riunisce scatti che parlano di migrazioni, cambiamenti climatici e conflitti. A essere esposte per la prima volta sono le istantanee della guerra in Ucraina, fra orrore e dignità. Ci siamo fatti raccontare i dettagli da Annalisa D’Angelo, curatrice della rassegna insieme a Denis Curti.

Quali sono gli intenti della mostra veneziana dedicata a Paolo Pellegrin?
Il nostro intento principale è mostrare come il lavoro di Pellegrin non sia puramente documentaristico, ma ci sia sempre stato spazio per la ricerca e la sperimentazione. In mostra cerchiamo di far dialogare i vari linguaggi utilizzati dal fotografo durante più di trent’anni di carriera, mantenendo però l’attenzione sull’uomo/sulle sue storie.

Quali scatti accoglieranno il pubblico delle Stanze della Fotografia?
Mostriamo circa 350 fotografie. Abbiamo sia stampe vintage, prodotte più di vent’anni fa, che mostrano storie che rappresentano i suoi primi anni di lavoro come fotogiornalista, dalla Palestina, al Libano, fino a scatti più contemporanei. Abbiamo gli Stati Uniti, il confine Messico/USA, l’Iraq, la crisi migratoria in Grecia fino ad arrivare all’ultimo lavoro ancora in corso in Ucraina. Ma anche immagini di natura e del cambiamento climatico, oltre a fotografie più intime e altre di pura bellezza.

Le immagini legate al conflitto in Ucraina sono esposte per la prima volta a Venezia. Che cosa emerge dagli scatti di Pellegrin?
È molto difficile capire e parlare di questo conflitto. Avendo avuto la possibilità di lavorare su tutto lo scattato di Pellegrin di questi ultimi cinque viaggi in Ucraina, emerge una nazione attaccata, distrutta, ma che ha voglia e prontezza per riprendersi. Emerge l’orrore della guerra in tutte le sue forme; allo stesso tempo sento una forte compattezza nel popolo ucraino. Le persone vivono con poco, hanno paura, ma non lasciano la propria terra. Emerge anche una forte solidarietà, rispetto e gratitudine nei confronti dei militari. I funerali sono struggenti, ma allo stesso tempo traspare una forte dignità; la popolazione che, inginocchiandosi, saluta ogni singola processione funebre è commovente. Uno spaccato di quello che succede al di fuori delle bombe. Credo che Pellegrin sia riuscito, tornando più volte, a fotografare il micro e il macro di questa guerra.

Le dinamiche ambientali sono un altro fondamentale campo di indagine per Pellegrin. Cosa significa allestire una sua mostra in una città sottoposta alle evidenti conseguenze del cambiamento climatico?
È una domanda interessante, in tutta onestà rispondo che proviamo a muoverci in punta di piedi, consapevoli della fragilità della città di Venezia, ma anche della sua possenza. Dunque con rispetto e consapevolezza sulla fragilità del suolo in cui siamo, proviamo a trattare alcuni argomenti che, pur sembrando distanti tra loro, sono perfettamente intersecati. La crisi ambientale è vista e rappresentata da Pellegrin a volte come un conflitto. Quello che cerchiamo di far venire a galla è la fragilità dell’uomo rispetto a una natura sempre pronta (o comunque più pronta di noi) a rigenerarsi e a cambiare.

Dal suo punto di vista, qual è il compito della fotografia oggi?
La fotografia oggi come ieri per me ha varie funzioni, la memoria è e resterà il suo compito principale. Parlo della fotografia fatta, scattata, pensata, studiata, quella impegnata a raccontare delle storie esistenti o metaforiche. La memoria intesa anche come testimonianza quindi. La fotografia, in un mondo bombardato da immagini, reali e non, ha il compito di elevarsi, di prendere un posto comodo nel mondo dell’Arte, perché ha bisogno di essere rispettata per poter continuare a evolversi e allo stesso tempo tornare alle origini. Sperimentando tra vecchio e nuovo, quindi tornando alla pellicola senza precludersi le nuove tecnologie come AI e altro, la fotografia può davvero essere un ambito di grande creatività.

La fotografia di Pellegrin in tre aggettivi.
Faccio fatica a scegliere soltanto tre aggettivi, sono partita da questi: Umane / empatiche / emotive / compassionevoli / rispettose; Essenziali/totali; Profonde / bilingue / universali / Metaforiche; Estreme / taglienti.
E se devo proprio segnalarne solo tre direi: empatiche, metaforiche, taglienti.

Civili arrivano a Tiro dopo essere fuggiti dai loro villaggi nel sud del Libano durante i raid aerei israeliani. Tiro, Libano 2006 © Paolo Pellegrin / © Magnum Photos

BIO
Annalisa D’Angelo è nata nel 1977 a Lanciano, Chieti. Nel 1995 si trasferisce negli Stati Uniti. Nel 2001 consegue un Bachelor of Fine Arts presso l’Emerson College a Boston. Dal 2001 al 2005 lavora presso il Toscana Photographic Workshop organizzando e seguendo corsi fotografici a stretto contatto con i più noti e stimati fotografi di fama internazionale tra cui Michael Ackerman, Machiel Botman, Lorenzo Castore, Jim Goldberg. Dal 2006 inizia a collaborare con Paolo Pellegrin/Magnum Photos per la creazione di mostre e libri. Da gennaio 2010 è curatrice, editor e consulente indipendente. Negli anni ha lavorato con Machiel Botman, Lorenzo Castore, Kathryn Cook, André Liohn, Stefano de Luigi, Pietro Masturzo, Simona Ghizzoni, Alessandro Penso e molti altri. Ha curato mostre in Italia e all’estero. Dal 2012 cura l’editing dei lavori di giovani fotografi che nasce dalla passione per l’insegnamento e il tutoring.

 

INFO
Paolo Pellegrin. L’orizzonte degli eventi
dal 30 agosto 2023 al 7 gennaio 2024
LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
https://www.lestanzedellafotografia.it

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