Editoriale

da MArte

Sabine Weiss si è ritagliata un posto a sé nella storia della fotografia. Ecco come lo ha fatto, con grazia

di Virginie Chardin

Virginie Chardin, curatrice della mostra di Sabine Weiss alla Casa dei Tre Oci di Venezia, racconta la storia di una fotografa straordinaria

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[…] Fin dai suoi primi esperimenti personali, Sabine Weiss è attratta dagli ambienti notturni, da bambini e anziani, dai clochard, dalla solitudine e la povertà, dallo spettacolo della strada. Indirizza subito la sua attenzione verso il corpo, i gesti, le emozioni e i sentimenti dell’altro, soprattutto quando è fragile. Per questo è rapidamente associata a quella scuola definita “umanista” e nella quale si riconosce volentieri.

Anche se i suoi soggetti sono spesso vicini a quelli di Doisneau, Ronis o Izis, nel suo caso non si può parlare di presa di posizione militante né di denuncia politica. Modesta com’è, «non è particolarmente interessata a vedere gli ingrandimenti del suo stesso lavoro», testimonia Hugh. «Per lei, la cosa più importante è l’eccitazione che prova nel momento in cui scatta una serie di immagini. Ciò che le sta più a cuore è questa coesione emotiva tra lei e i suoi soggetti […]. Che fotografi un abito di Dior o una banda di ragazzini, quello che conta per lei è il fatto di affrontarli, e il controllo di tutti gli elementi dell’immagine. A un certo punto questi elementi, la sua macchina, e lei stessa sembrano fondersi».

Questo approccio sarà costante nella sua attività e lo riafferma sessantacinque anni dopo dichiarando: «Penso che, per essere potente, una fotografia debba parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al soggetto». Poco incline a prendere parte agli incontri e ai dibattiti sulla fotografia, Sabine utilizza prima di tutto quest’ultima come mezzo per trasmettere la sua emozione, come strumento per esplorare il mondo e come tramite per esprimersi, oltre che un modo per guadagnarsi da vivere. I Weiss vivono circondati da pittori, scultori e musicisti. Sabine è amica di Annette Giacometti, la moglie di Alberto, il grande scultore, e per cinque anni Hugh è il mentore di Niki de Saint Phalle. Per Sabine sono loro gli artisti, naturalmente insieme ad alcuni fotografi che lei ammira come Edward Weston, mentre parlando di sé si definisce – per quanto con un certo orgoglio – come una testimone e un’artigiana della fotografia.

A differenza di Cartier-Bresson, Doisneau, Brassaï o Izis, Sabine Weiss non costruisce le sue immagini come un dipinto o una scena, né metaforicamente per difendere un punto di vista o far passare un messaggio sotto forma di allusione. Le sue inquadrature discendono da un’esperienza intima, uno slancio spontaneo e intuitivo verso il soggetto. Spesso seleziona sui provini solo una parte dell’immagine, centrando un personaggio o una parte della scena, le sole cose che le interessano.

Il suo rapporto con la fotografia è contraddistinto anche da un confronto con la tecnica, che trova difficile ma che le piace per il suo aspetto manuale e autonomo e anche perché Sabine ama la sfida. A partire dal 1953, vira spesso le sue fotografie in bianco e nero in grandi formati a colori e poi con diapositive Anscochrome o Kodachrome, in particolare per riviste di viaggio come Holiday che richiedono immagini turistiche più pittoresche. Molto spesso costruisce da sola le scenografie delle sue immagini di moda e pubblicitarie. Ma quello che preferisce sono i reportage, per la possibilità che le offrono di evadere per riprendere i soggetti che più la colpiscono personalmente.

Virginie Chardin

Porte de Vanves. Parigi, Francia, 1952 © Sabine Weiss

Testo tratto dal catalogo della mostra Sabine Weiss. La poesia dell’istante, Marsilio Arte, Venezia 2022.

BIO
Virginie Chardin è una curatrice indipendente francese. Specializzata in storia della fotografia, ha curato numerose mostre, tra cui Willy Ronis in Paris, Paris in Color, from the Lumière Brothers to Martin Parr, Antonin Personnaz. Project leader al Nicéphore-Niépce Museum, direttrice del premio Rencontres d’Arles, collabora anche per il Paris Photography Month.

Sabine Weiss nasce in Svizzera nel 1924. Dalla fine degli anni Quaranta sposta la sua attività a Parigi, diventando una fotografa indipendente e sposando il pittore Hugh Weiss. Entrata a far parte dell’agenzia Rapho nel 1952, inizia a collaborare con testate internazionali e a documentare i suoi viaggi. Spazia dalla moda alla pubblicità ai ritratti d’artista, donando infine i suoi archivi al museo Photo Elysée di Losanna. Muore il 28 dicembre 2021.

INFO
Sabine Weiss. La poesia dell’istante
fino al 23 ottobre 2022
CASA DEI TRE OCI
Fondamenta delle Zitelle 43, Isola della Giudecca, Venezia
https://www.treoci.org/it/

Foto cover: Moderno villaggio di pescatori. Olhao, Portogallo, 1954 © Sabine Weiss

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