Arte, amicizia e impegno sociale nella mostra di Julie Mehretu a Palazzo Grassi a Venezia
Racconti da MArte
A Palazzo Grassi, la mostra Ensemble di Julie Mehretu – con Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin – abbraccia, da un lato, un periodo di venticinque anni della sua attività e include alcune delle sue produzioni più recenti.
Dall’altro, è scandita dalla presenza dei lavori di molti tra i suoi più cari amici artisti, con i quali da anni condivide intense affinità e relazioni improntate allo scambio e alla collaborazione. Distribuita sui due piani di Palazzo Grassi – e organizzata secondo un principio di rimandi visivi – l’esposizione si presenta come un percorso libero e non cronologico attraverso la produzione di Julie Mehretu. Ci permette di esplorare la sua pratica artistica, di comprenderne l’origine e l’incessante rinnovamento.
Come le stratificazioni e le sovrapposizioni che compongono i dipinti dell’artista americana, la mostra prende forma nelle corrispondenze che, nel corso degli anni, si stabiliscono tra le opere. La sua pratica, profondamente radicata nell’astrazione, è alimentata dalla storia dell’arte, dalla geografia, dalla storia, dalle lotte sociali, dai movimenti rivoluzionari e dal carattere di tutti coloro che hanno lasciato un segno in questi importanti settori della conoscenza e della creazione.
A questo processo di stratificazione, che moltiplica la superficie delle immagini, fa eco la dimensione collettiva, l’idea di lavorare insieme, che abbiamo voluto sottolineare. La presenza in mostra di opere dei suoi amici Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin crea un dialogo fecondo con il suo stesso lavoro. Al di là delle differenze formali, emergono preoccupazioni e linee di forza comuni, che fanno superare l’idea che l’artista basti a se stessa, dimostrando, al contrario, che si trova in relazione con gli altri, con le loro idee e sensibilità. Le loro opere la ispirano ed entrano in risonanza con la sua pratica, con il suo modo di guardare il mondo. Questo è ancora più vero perché, come Julie Mehretu, tutti questi artisti si sono formati proprio a partire dai trasferimenti che hanno subito oppure scelto, sia che abbiano lasciato, per esempio, l’Etiopia, l’Iran o il Pakistan sia che da quei paesi siano fuggiti.
Come per molti altri artisti americani, per Julie Mehretu David Hammons è una figura importante. La partecipazione fisica e l’intento politico che Hammons mette nelle sue opere polimorfe la guidano incessantemente nel suo lavoro. Lo sguardo attento di Mehretu si dirige ogni giorno su uno dei «body prints» di Hammons (Untitled, 1976) presente nella sua collezione personale, un’opera che la interroga costantemente. Della pratica di Nairy Baghramian, Mehretu ammira l’audacia delle idee e dei gesti, generatori di forme che descrive «provocanti e imperiose». L’esposizione presenta in particolare un recente lavoro a quattro mani: la scultrice ha realizzato in dialogo con Julie Mehretu un insieme di sculture metalliche che ne sostengono i dipinti, affrancandoli dalla parete e permettendo allo sguardo di chi osserva di apprezzarne la trasparenza. Mehretu è legata a Huma Bhabha da una profonda e duratura intesa, ed è affascinata dal modo particolare in cui le sue sculture evocano corpi ibridi formati dai detriti del mondo, corpi in apparenza feriti ma che emanano una potenza silenziosa. Le due artiste condividono il modo di utilizzare un arsenale di segni che sembrano provenire dalla profondità del tempo, ma anche tendere verso un futuro incerto per la capacità che hanno di sconvolgerci e metterci di fronte a una radicale singolarità. Mehretu incontra la poetessa Robin Coste Lewis frequentando regolarmente a New York alcune conferenze sulla teoria postcoloniale e gli studi queer; a unirle è anche la stessa attenzione nei confronti del potere critico e di emancipazione dell’astrazione. Come segno di questa vicinanza, il testo letto dalla poetessa nella sua videoinstallazione Intimacy è dedicato a Mehretu, mentre numerose tele di quest’ultima traggono il titolo dalle poesie di Lewis. Julie Mehretu compare due volte nei ritratti filmati di Tacita Dean, entrambi esposti in mostra. Questa collaborazione di lunga data ci mostra un’artista singolare: nel primo film, attraverso una serie di brevi momenti di lavoro, colti nell’intimità del suo studio; nel secondo, in dialogo per un’intera giornata con Luchita Hurtado. Paul Pfeiffer è, insieme a Mehretu, uno dei cofondatori di Denniston Hill, residenza che dà modo agli artisti di ritrovarsi regolarmente per discutere dei temi e delle idee che li accomunano, come la storia della modernità e delle diaspore, o l’esodo. Infine, con Jessica Rankin, Mehretu intrattiene un legame di intensa complicità da oltre due decenni, portando avanti un dialogo quasi quotidiano. La contiguità dei loro studi contribuisce a far sì che ognuna possa sempre avere una visione del lavoro in corso dell’altra.
La partecipazione di tutti questi artisti alla mostra è quindi la manifestazione della profonda attenzione di Julie Mehretu nei confronti di quelle relazioni intessute, del loro carattere determinante e del loro potere creativo.
Caroline Bourgeois
Testo tratto dal catalogo della mostra Julie Mehretu. Ensemble, co-edito da Marsilio Arte e Palazzo Grassi – Punta della Dogana, Venezia 2024
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