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The Venice Glass Week: quando il vetro diventa arte

di Redazione

Si è da poco conclusa la nona edizione della rassegna che celebra l’arte del vetro con una serie di incontri ed eventi espositivi a Venezia, Murano e Mestre. Inserita nel programma della kermesse, la mostra allestita alle Gallerie dell’Accademia di Venezia fino al 24 novembre 2025 punta lo sguardo sulle sculture in vetro di Tristano di Robilant. Ne abbiamo parlato con Cristina Beltrami, curatrice della mostra e membro del comitato scientifico della Venice Glass Week

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Dal 13 al 21 settembre 2025, Venezia, Murano e Mestre hanno accolto la nona edizione di The Venice Glass Week, stavolta incentrata sulla magia del vetro, protagonista assoluto di una kermesse che da sempre mette in dialogo il linguaggio artistico e la tradizionale pratica della lavorazione vetraria. Sapienza artigianale e contemporaneità sono le linee guida che hanno orientato il programma della rassegna promossa e organizzata dal Comune di Venezia, dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, da LE STANZE DEL VETRO – Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dal Consorzio Promovetro Murano. Centinaia le candidature giunte da 54 Paesi del mondo per partecipare al festival e a occuparsi della selezione è stato il comitato scientifico presieduto da Rosa Barovier Mentasti e composto da Nina Alessandri, Cristina Beltrami, Jean Blanchaert, Rainald Franz, Mikkel Hammer Elming, Susanne Jøker Johnsen, Cristina Tonini, Alma Zevi.
I progetti selezionati sono confluiti in due HUB, le mostre collettive animate dagli artisti e designer internazionali scelti grazie all’open call. Cinquanta artisti affermati e mid-career sono stati il fulcro di The Venice Glass Week HUB, allestita a Venezia, come di consueto, presso Palazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Era dedicata, invece, a trenta designer emergenti la collettiva The Venice Glass Week HUB Under35, curata da Stefano Coletto in collaborazione con Marta Gradenigo nella Galleria di Piazza San Marco della Fondazione Bevilacqua La Masa.
Fra i tanti eventi espositivi, segnaliamo Storie di fabbriche. Storie di famiglie. FRATELLI TOSO, visitabile fino al 24 novembre 2025 nello Spazio Ex Conterie del Museo del Vetro di Murano e 1932-1942 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia, curata da Marino Barovier presso LE STANZE DEL VETRO sull’Isola di San Giorgio Maggiore a aperta fino al 23 novembre prossimo.
Alle Gallerie dell’Accademia, invece, fino al 24 novembre i riflettori sono puntati sulle creazioni in vetro di Tristano di Robilant. Curata dalla storica dell’arte Cristina Beltrami, la mostra innesca un dialogo fra le opere scultoree dal sapore contemporaneo di Tristano di Robilant e i capolavori custoditi dall’istituzione veneziana. Abbiamo chiesto alla curatrice di raccontarci qualcosa in più e di commentare la nona edizione di The Venice Glass Week.

L’INTERVISTA A CRISTINA BELTRAMI

La mostra di Tristano di Robilant alle Gallerie dell’Accademia di Venezia interagisce in maniera consapevole con lo spazio in cui è allestita. Come avete strutturato questo dialogo e quali caratteristiche delle opere di Tristano di Robilant lo hanno reso possibile?
In primis, e sembrerà banale, abbiamo trascorso lungo tempo tra i dipinti, riguardando la collezione, i possibili posizionamenti delle sculture, la caduta della luce nelle diverse ore del giorno… letteralmente abbiamo passato del tempo con le opere e abbiamo riletto le storie di questi capolavori. La mostra infatti ha anche una forte vena narrativa: nello scambio tra spazio, scultura e opera si tracciano dei racconti. Talvolta il dialogo è diretto come nel caso de La Lumera, una magnifica sovrapposizione di elementi in vetro ispirata alla citazione dantesca del IV canto dell’Inferno esposta accanto al Reliquiario del Cardinal Bessarione, teologo e tra i maggiori letterati del Quattrocento. Oppure Ombrosi chiostri, altra citazione letteraria, dalle Rime di Torquato Tasso che bramava la pace in quegli horti conclusi che si ritrovano nelle tavole gotiche della prima sala. In altri casi i rimandi sono più articolati come per Poeta, una scultura svettante in vetro specchiato rosé (credo che qui serva un inciso: a Murano non esiste una nomenclatura universale e condivisa per le cromie ma ogni fornace battezza dei propri colori) che modula in qualche misura gli impercettibili passaggi cromatici dei Giorgione nella sala.

Il vetro è quasi una materia “viva” nelle mani di Tristano di Robilant, a riprova che una tecnica e una lavorazione caratterizzate da una lunga storia possono parlare il linguaggio della contemporaneità. In quale maniera le sculture esposte alle Gallerie dell’Accademia si collocano nel tempo presente?
Senza “quasi” il vetro è una materia viva per sua natura, è una “cosa” che cambia stato, che muta, talvolta anche dopo anni, e che ha un margine di imprevedibilità che è tanto più basso quanto più esperto è il maestro che lo maneggia.
Infatti non sono le mani di Tristano di Robilant che modellano direttamente il vetro ma sono quelle del maestro a cui l’artista affida la propria idea dopo lunghe discussioni, schizzi su carta, segni a gessetto direttamente sul tavolo in ferro e persino sul pavimento della fornace per dare così le dimensioni esatte dell’appoggio del pezzo.
Il rapporto tra artista e maestro è strettissimo, è una vera simbiosi che ha equilibri rari e fragili, ed è la ragione per cui nominiamo sovente Andrea Zilio e Andrea Salvagno che in questi anni hanno affiancato Tristano.
Vengo alla seconda domanda: le opere di Tristano sono contemporanee non solo perché realizzate nel presente ma soprattutto perché interrogano la collezione ponendola sotto uno sguardo originale e inatteso.
L’ Alchimista d’Oriente è una scultura in vetro smeraldo dalla sommità in cristallo acidato che traccia quasi una diagonale visiva con un’identica figura del telero del Martirio di San Marco mentre Cippo, col suo vetro arancio squillante, posto su una balconata del chiostro palladiano ravviva l’attenzione sulla monumentale testa gotica attribuita a Marco Romano che proprio perché in esterno rischierebbe di passare inosservata.

La mostra è inclusa fra gli eventi della Venice Glass Week, giunta alla nona edizione. Come membro del comitato scientifico, quali sono, dal suo punto di vista, le peculiarità che rendono la rassegna così attrattiva e quale significato ha questo evento per la città di Venezia, ma anche per Murano e Mestre?
Rispetto al peso e al valore dell’evento credo che i numeri siano di più immediata lettura che lunghi discorsi: questa edizione della Venice Glass Week ha visto candidature provenire da 54 nazioni, conta più di 300 partecipanti, con oltre 200 eventi distribuiti in 130 sedi tra Venezia e Mestre.
Alcune sono manifestazioni legate a istituzioni pubbliche, ma la più parte degli eventi nascono dall’iniziativa di privati: nell’insieme costituiscono la capillarità del festival che ne è anche la sua grande forza. In questi anni ho visto crescere un atteggiamento di apertura verso proposte del vetro meno consuete e anche – importantissimo – ho notato una presa di consapevolezza rispetto all’importanza degli archivi storici, un tempo trascurati o addirittura perduti dalle fornaci e ora invece trattati come un patrimonio da conservare e condividere in un complesso mosaico di ricostruzione scientifica della storia del vetro di Murano. Penso a quanto negli anni sta facendo il Centro Studi Vetro della Fondazione Cini ma anche a iniziative dei singoli come Caterina Toso o la NasonMoretti a Murano.
Le gallerie veneziane si mobilitano con progetti ad hoc sul vetro, quest’anno la Marignana ad esempio ospita una selezione di rari vetri calcedoni per la cura di Giulio Malinverni e Francesca Vacca, ma penso anche a un brand affermato come Giberto che ha affidato ai giovani Barbini di Murano la realizzazione di uno specchio d’ispirazione futurista e che soprattutto ha avuto il coraggio di aprire un negozio di vetro di altissima qualità sul ponte di Rialto, anche con la volontà di rivalutare un’area in balia del turismo di massa.
Venezia ha dunque buone ragioni per essere orgogliosa della sua Glass Week!

Intervista a cura di Arianna Testino

BIO
Storica dell’arte, docente e curatrice, Dopo un dottorato all’Università di Ca’ Foscari sul Patrimonio scultoreo italiano dell’Ottocento e Novecento in Uruguay e un secondo dottorato sulla Scultura alla Biennale di Venezia. 1895-1914 (edito nel 2023), Cristina Beltrami ha consolidato il suo campo d’interesse attorno alla scultura, alla storia della Biennale di Venezia e all’arte contemporanea, con particolare attenzione al vetro. È stata la curatrice del programma di Residenza d’artista della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia per l’edizione 2023/2024. Dal 2025 è parte della giuria del Premio Avapo Venezia e ha raggiunto il Curatorial Commitee di The Venice Glass Week dopo essere stata premiata come “best curator” per l’edizione del 2021.
Insegna History of design of glass in Venice al SIE di Ca’ Foscari e collabora con Princeton University.
Nel 2023 ha moderato il convegno Il vetro: un materiale dell’arte con Kiki Smith, Tobias Rehberger, Asta Gröting, Francisco Tropa, Virginia Overton e Arcangelo Sassolino (ASAC-Giardini della Biennale, https://www.youtube.com/watch?v=Y5mZ7Q5h3vU).
I più recenti progetti curatoriali: Crossing. 4 artisti per una collezione (Palazzo Madama, Torino, 2024); Tony Cragg. Le forme del vetro (FAI-Negozio Olivetti, Venezia, 2024); Campo Magnetico, (Fondazione Bevilacqua La Masa ‒ Palazzetto Tito, Venezia, 2024); Antonio Da Ros. Suspended colors, (Modesti-Pedriolle Gallery e Istituto Italiano di Cultura, Bruxelles, 2024), Tristano di Robilant. InAcademia (Gallerie dell’Accademia, Venezia, 2025).

INFO
Tristano di Robilant. InAcademia
fino al 24 novembre 2025
GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Campo della Carità ‒ Dorsoduro 1050, Venezia
https://www.gallerieaccademia.it

https://theveniceglassweek.com/

Didascalia: Tristano di Robilant. InAcademia, installation view, Gallerie dell’Accademia, Venezia 2025. Photo Francesco Barasciutti

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