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da MArte

Tutti pazzi per la pittura. Ma perché? Francesco Bonami parla del suo nuovo libro

di Redazione

Uno dei più arguti critici d’arte e curatori contemporanei ripercorre gli alti e i bassi della pittura, tecnica che ha saputo sopravvivere al tempo e a competitor illustri. Al punto che oggi chiunque vuole dipingere, anche chi non ne è capace

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Perché la gente continua ad autoumiliarsi dipingendo orrende pitture e scrivendo illeggibili romanzi? Perché ognuno di noi vuole ascoltare una storia, delle storie, non oggi, non domani ma per tutta la vita. Quando non c’è nessuno che ce le racconta, queste storie proviamo a inventarcele da soli dipingendo un quadro o scrivendo un libro. Non importa se la storia che ci siamo inventati è bella, interessante o avvincente, l’importante è che sia una storia. Finché avremo bisogno di una storia continueremo a dipingere quadri, a scrivere libri, come questo magari, che non è una vera storia del quadro ma la storia del quadro come mi sarebbe piaciuto sentirmela raccontare, che spero qualcuno, anzi tanti, possano trovare, leggendola, piacevole e divertente”.

Si chiude con queste parole il nuovo, ironico libro di Francesco Bonami intitolato Bello, sembra un quadro. Controstoria dell’arte. Un viaggio scanzonato fra le vicissitudini della pittura, che ha saputo tenere testa a tutti gli altri linguaggi dell’arte, diventando una sorta di “must have”. L’autore del volume pubblicato da Feltrinelli spiega il perché.

Nel suo libro ripercorre in maniera ironica la storia della pittura dall’antichità all’epoca recente, dimostrando come questa tecnica sia riuscita a sopravvivere al tempo e agli altri linguaggi dell’arte, che non sono mai stati in grado di offuscarla del tutto. Ma perché la pittura è così irresistibile?
La pittura è irresistibile perché è uno spazio a portata di tutti dove si possono raccontare storie usando anche pochissimi segni. Pensate al taglio di Fontana, un semplice gesto che sulla tela apre un universo.

Tra le pagine del libro lei paragona la pittura a una droga e afferma: “Nessuno riesce davvero a liberarsene. Dipingere, nella sua basilare natura, è qualcosa di sempre più liberatorio rispetto a qualsiasi altra forma espressiva”. Da cosa ci libera la pittura e che cosa ci offre in più rispetto alle altre tecniche?
La pittura ci libera dallo spazio fisico e ci offre anche in pochi centimetri quadrati uno spazio immaginario infinito. Pensiamo a Bosch.

Usando la pittura come metro, lei ha in qualche modo “promosso” e “bocciato” artisti del passato considerati dei maestri. Di Giotto scrive che “inventa il body language, il linguaggio del corpo”, mentre Brunelleschi ha creato “il disastro” che “si chiama ‘prospettiva’”. Qual è l’artista che meglio ha capito e usato la pittura e chi proprio non ne ha colto il senso?
Se vogliamo usare due esempi contemporanei, quello che l’ha capita meglio è stato Jackson Pollock, chi non ne ha colto il senso vorrei dire Banksy.

La pittura secondo lei ha qualcosa di rassicurante, ma ha pure a che fare con l’imprevisto, la sorpresa, la possibilità dell’imperfezione. Sono le ragioni per cui tutti vogliono essere pittori, anche quando non ne sono capaci?
La pittura è come la corsa: tutti possono correre o provarci. Nessuno può impedirci di fare una corsetta e nessuno può impedirci di dipingere. A volte si vedono delle persone che fanno jogging, ma sembra che non si muovano neppure. Ma che lo fanno a fare?, viene da dire. Così davanti a certi orribili dipinti amatoriali e non.

Molti artisti contemporanei stanno scegliendo la pittura, spesso figurativa, come loro linguaggio principale. I motivi che spingono gli artisti delle nuove generazioni verso la pittura sono gli stessi di secoli fa?
No purtroppo. Oggi ciò che spinge alla pittura molti artisti è il desiderio di fare cose che sperano più appetibili per il mercato.

La tecnologia è utilissima e spesso migliore degli umani. Un paio di scarpe fatto da un robot programmato ad hoc è meglio di un paio fatto da una persona che non sa nemmeno cosa è una suola. Ma se il robot è programmato con cattivo gusto, la scarpa, seppur perfetta, non se la metterà nessuno. Stessa cosa per il quadro digitale: se è creato da uno che non ci capisce una mazza, nessuno vorrà mai guardarlo”. Quali scenari si aprono, secondo lei, per il futuro della pittura?
Credo che il desiderio di raccontare storie con un quadro, un film, un libro, un pezzo di teatro o con una canzone sia una cosa che non potrà mai essere sostituita, anche se cambieranno gli stili, i mezzi e il nostro modo di recepire le storie.

Essere allegro come pittore è difficile […] Difficile per un pittore prendere la vita sottogamba, il fallimento è dietro l’angolo”. Perché il fallimento è così legato alla pittura? Di cosa deve avere paura un pittore?
Di dire o far vedere cose inutili. Si possono fare quadri orribili che dicono tanto e quadri bellissimi che non dicono nulla più.

Lei scrive: “Un dipinto è come la pasta: deve essere al dente, un raggio di luce sul lago di troppo e il maccherone è già scotto”. Quali sono gli artisti che secondo lei hanno saputo e sanno fermarsi in tempo?
Tutti i grandi artisti hanno saputo e sanno dove fermarsi. La pittura è come l’intelligenza. Ci sono persone che, pur essendo tecnicamente molto intelligenti, non sanno riconoscere i propri limiti e diventano degli imbecilli; altre persone meno intelligenti, rimanendo dentro le proprie limitazioni, ottengono molto di più nella vita. Se devo proprio prenderne uno direi Morandi. Sono sicuro che avrà avuto voglia qualche volta di dipingere qualcosa di diverso dalle bottiglie o magari usare colori più sgargianti o, chissà, fare un quadro su una tela di un formato molto più grande. Ha resistito e, all’interno dei suoi confini limitati, ha raggiunto una dimensione universale.

 

BIO
Francesco Bonami è un critico e curatore di fama internazionale. Tra i suoi libri: Lo potevo fare anch’io. Perché l’arte contemporanea è davvero arte (2007), Dopotutto non è brutto (2010), Si crede Picasso (2010), Maurizio Cattelan. Autobiografia non autorizzata (2011), L’arte nel cesso (2017) e, con Feltrinelli, Post (2019).

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