Parole

da MArte

Una casa per tutti: la performance di Irina Brook a Venezia

di Redazione

La Casa dei Tre Oci di Venezia diventa il palcoscenico di una performance che parla di ricordi, famiglia, passato e futuro. In una parola: casa. Ci siamo fatti raccontare i dettagli dall’ideatrice e regista Irina Brook

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Dopo il Teatro Biondo di Palermo, è la Casa dei Tre Oci, sull’Isola della Giudecca a Venezia, ad accogliere il primo capitolo di House of Us, la trilogia ideata e diretta da Irina Brook attingendo da uno dei patrimoni più intimi e universali: la propria stessa esistenza. Ispirata alla figura della madre, la performance, prodotta dal Teatro Stabile del Veneto e in programma nel palazzo lagunare dal 29 novembre all’11 dicembre 2022, segue i movimenti di undici attori neo diplomati dell’Accademia Teatrale “Carlo Goldoni”, che animano l’ex dimora veneziana con gesti e parole ispirati a Čechov.
Il fil rouge sono i ricordi della madre di Irina, l’attrice Natasha Perry, scomparsa nel 2015, e la presenza dell’attore Geoffrey Carey, personificazione del Teatro e dello spirito della madre della regista. Al pubblico spetta il compito di avvolgere il filo della narrazione, spostandosi da un ambiente all’altro della Casa dei Tre Oci e trovando nella storia di Irina Brook un frammento della propria. Abbiamo chiesto all’ideatrice e regista di House of Us di accompagnarci tra le pieghe di una performance davvero collettiva.

Qual è il fulcro del progetto House of Us e quale significato di “casa” lascia emergere?
Ogni volta che lavoro a House of Us ‒ progetto che sto elaborando da almeno tre anni ‒, e che lo porto insieme ai performer in un luogo nuovo, scopro aspetti inediti. È una sorta di rivelazione. È come un viaggio nel proprio passato, nella propria vita, nella propria spiritualità, nella propria famiglia attraverso il teatro. È come un tunnel senza fine, qualcosa di incredibile e al tempo stesso frustrante perché avrei bisogno di molto più tempo rispetto a quello effettivo: ogni giorno c’è sempre del materiale nuovo.

La componente autobiografica gioca un ruolo chiave in tutto questo.
Assolutamente sì. L’aspetto intimo e personale è importante, certo, ma l’idea che voglio trasmettere è che si tratti della storia di ognuno di noi, perché siamo tutti connessi. Sto cercando di creare delle connessioni attraverso la mia storia.

Questo progetto performativo risponde agli ambienti che via via lo accolgono. In quale modo?
Il debutto di House of Us – part 1 the Mother è stato al Teatro Biondo di Palermo, ma l’atmosfera era del tutto differente, non solo per il luogo – molto diverso rispetto alla Casa dei Tre Oci –, ma anche perché la vita non si ferma e House of Us non è uno spettacolo che può essere messo in scena, uguale a se stesso, anno dopo anno. Il mondo attorno cambia, i performer cambiano, House of Us stesso cambia. L’unica figura che resta uguale è quella di Geoffrey Carey, che racchiude in sé ogni essere umano e tutto ciò che ha a che fare con l’età, il teatro, la saggezza, l’esperienza. Mentre l’energia del nuovo, un tema altrettanto centrale, è rappresentata dai giovani attori. Dunque tradizione ed esperienza versus il nuovo che si affaccia al mondo.

Come reagisce House of Us a un contesto così peculiare come quello della Casa dei Tre Oci e quale ruolo hanno i giovani performer?
Qui lo spazio viene prima di tutto. Non mi sarei mai aspettata di poter adattare il mio lavoro al contesto di un palazzo italiano. La Casa dei Tre Oci ha le caratteristiche di una dimora e quindi è stato bello familiarizzare con i suoi ambienti, percorrerli, condividere lo spazio con i tecnici – abbiamo letteralmente riprodotto la mia cucina, portando a Venezia il tavolo che si trova nella mia abitazione in Inghilterra. L’atmosfera quindi evoca quella di qualsiasi cucina e crea convivialità. Il luogo in questo caso ha un’importanza ancora più netta e House of Us è qualcosa che si avvicina molto a ciò che desideravo quando ero una giovane attrice e regista, ovvero non fare teatro, ma creare un ambiente sociale che faccia sentire meglio le persone.
I giovani performer, in una simile cornice, sono i bambini cresciuti che hanno abitato quella stessa casa, sono la famiglia di quella casa. È una rivelazione per me vedere come tutto ciò abbia a che fare con il mio desiderio di riunire le persone, di essere una sorta di padrona di casa. Nella Casa dei Tre Oci questo aspetto diventa ancora più intimo e profondo.

Quali reazioni ti aspetti dal pubblico?
Sto cercando di non pensarci perché non mi aiuterebbe a fare ciò che ritengo giusto. Come padrona di casa, non come regista né come artista, vorrei che, una volta uscito, il pubblico si sentisse meglio di quando è entrato.

Tre parole che ti vengono in mente pensando a House of Us.
Accogliente, di ispirazione e fiducia.

Il progetto in scena alla Casa dei Tre Oci è il primo capitolo di una trilogia. Raccontaci qualcosa in più degli altri capitoli.
La trilogia è costruita attorno alle figure della madre, del figlio e della figlia. La figura della madre è connessa a quella di mia madre e alla mia esperienza di vita. Il figlio richiama temi contemporanei come l’isolamento e la depressione, che accompagnano ad esempio gli hikikomori giapponesi. La figlia, invece, riporta all’infanzia, la mia e quella di mia figlia, in un dialogo/contrasto fra un mondo fiabesco e un altro dominato dalla tecnologia.

 

BIO
Nata a Parigi, Irina Brook è figlia del regista Peter Brook e dell’attrice Natasha Parry e nipote del regista e produttore Gordon Parry. A sedici anni si trasferisce a New York per prendere lezioni di recitazione con Stella Adler e debutta in produzioni off-Broadway. A Parigi, ha recitato al Théâtre des Bouffes du Nord e, dopo aver collaborato a numerose produzioni a Londra, ha esordito come regista nel 1996 con Beast on the Moon di Richard Kalinoski, la cui versione francese ha vinto cinque premi Molière, tra cui quello per la migliore regia e il miglior spettacolo. Nel 2003 ha fondato la propria compagnia, Irina’s DreamTheatre, con sede a Parigi, le cui produzioni hanno girato in tournée in tutto il mondo. Nel 2014 è stata chiamata a dirigere il Théâtre National di Nizza. Ha al suo attivo anche numerose regie d’opera messe in scena in prestigiosi festival come il Festival di Aix- en-Provence, e teatri d’opera tra cui l’Opera Reale Svedese, l’Opéra di Lille, il Teatro Real di Madrid e il Liceu di Barcellona, la Deutsche Oper Berlin, l’Opéra di Nizza, la Staatsoper di Vienna e il Teatro alla Scala di Milano.

 

INFO
House of Us – part I – the Mother 

Foto cover: backstage House of Us, Casa dei Tre Oci. Credit Serena Pea.

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