A Venezia la grande mostra su Jean Cocteau, geniale giocoliere dell’arte
Racconti da MArte
Si intitola Jean Cocteau.
La rivincita del giocoliere la prima, ampia retrospettiva italiana in omaggio a uno degli autori più versatili e rivoluzionari del secolo scorso. Ospite della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia fino al 16 settembre 2024, la mostra ripercorre la carriera di Cocteau e la sua tendenza a eludere etichette e definizioni. Oltre centocinquanta opere ‒ dai disegni ai lavori grafici, dai gioielli agli arazzi ai film ‒ aprono uno spiraglio sull’immaginario e sul fare artistico di una personalità entrata nella Storia. Ne abbiamo parlato con il curatore Kenneth E. Silver, autorevole esperto di Cocteau.

Poeta, romanziere, critico, artista visivo. Jean Cocteau è stato un concentrato di creatività non facilmente etichettabile. Quali aspetti della sua personalità sono messi in luce dalla mostra alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia?
Nella mostra Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere poniamo in evidenza la straordinaria portata di Jean Cocteau con particolare attenzione alla genialità delle sue idee visive. Anche le manifestazioni artistiche della sua queerness e della sua dipendenza dall’oppio (entrambe estatiche e tormentate) sono importanti nella nostra presentazione.

Fra le opere in mostra, quali sintetizzano al meglio la poetica di Cocteau?
La mostra include il film Beauty and the Beast del 1947 nella sua interezza. È un’opera d’arte collaborativa in cui l’aspetto verbale e quello visivo sono inestricabilmente legati e una splendida manifestazione dell’universo poetico di Cocteau in tutta la sua sorprendente varietà.

Il legame fra Jean Cocteau e Peggy Guggenheim, così come quello fra l’artista e Venezia, è un elemento fondamentale della sua storia. Può raccontarci qualcosa in più a riguardo?
La mostra inaugurale della galleria londinese di Peggy Guggenheim, Guggenheim Jeune, in Cork Street, allestita dal 24 gennaio al 12 febbraio 1938, era dedicata all’arte di Jean Cocteau e una serie di opere esposte allora sono incluse nella mostra alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Quando la carriera cinematografica di Cocteau era in pieno sviluppo tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, l’artista partecipava regolarmente alla Mostra del Cinema di Venezia, sia come autore sia come membro del pubblico, e andava a trovare Peggy Guggenheim nel suo palazzo sul Canal Grande, Cocteau creò anche oggetti presso la vetreria di Egidio Costantini a Murano, che contribuì a far rinascere nel Dopoguerra, ribattezzandola personalmente “La Fucina degli Angeli”. Cocteau visitò Venezia in gioventù e fu affascinato dalla città per tutta la vita.

Quale ruolo ebbe Cocteau nel panorama artistico del suo tempo e come influenzò le generazioni successive?
Cocteau fu coinvolto nella maggior parte dei movimenti d’avanguardia artistica della prima metà degli anni Venti del secolo scorso – dal Cubismo al Dada al Surrealismo. Lavorò con i Balletti Russi di Serge Diaghilev e con il Ballet Suédois di Rolf de Maré e fu uno dei primi registi sperimentali. Figlio della riva destra parigina ma anche poeta d’avanguardia e artista visivo immensamente ambizioso, più di chiunque altro Cocteau è responsabile di aver unito i mondi dell’alta società e della bohème. Ha reso popolare l’idea di un’arte d’avanguardia per il grande pubblico e fece conoscere alle avanguardie la vastità del mondo oltre i confini delle loro enclave a Montmartre e Montparnasse.

Intervista a cura di Arianna Testino

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