L’eccezionalità è una delle caratteristiche principali del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Arte 2024, sia per il luogo che lo ospita sia per l’operazione artistico-culturale che lo determina. Come descriverebbe l’esperienza di visita a chi non l’ha ancora compiuta?
È un’esperienza allo stesso tempo artistica e umana, perché la visita è guidata da due detenute. Il visitatore capisce quello che rappresenta vivere in uno spazio dove la libertà non esiste, ma anche che l’arte può creare una porta fra due mondi che di solito non possono comunicare fra loro. È un’esperienza sconvolgente per molti visitatori.
Il Padiglione della Santa Sede rappresenta un’esperienza unica sia in termini di progetto espositivo sia in termini di fruizione per il pubblico. Quale impatto può avere tutto questo nel futuro delle mostre? Crede possa determinare un caso studio per una riflessione rispetto alla curatela generale nelle mostre contemporanee?
L’esperienza può essere considerata come un caso limite. Un fatto essenziale è che l’arte non parla solo a un pubblico “esperto”: le parole delle ospiti della Casa circondariale, che non sono critiche d’arte, hanno un valore e un impatto emotivo straordinari.
In quale modo gli artisti viventi coinvolti hanno reagito agli spazi della Casa circondariale che accolgono le loro opere?
Le opere d’arte sono state realizzate in collaborazione con le ospiti della Casa circondariale e allestite negli spazi non detentivi della struttura ospitata in un ex convento della Giudecca. Il lavoro è stato collettivo e ogni artista ha reagito con molta emozione sia alla realizzazione delle opere sia al percorso espositivo e alla successione delle opere lungo questo luogo eccezionale: dalla ex cappella del monastero che accoglie l’opera di Sonia Gomes, alla caffetteria che presenta le opere dell’artista Corita Kent, alla manica lunga che affianca il monastero e che accoglie i lavori di Simone Fattal con le poesie originali scritte delle detenute, alla corte principale della Casa che presenta l’opera al neon di Claire Fontaine, la sala dove viene proiettato il film di Marco Perego e Zoe Saldana fino alla sala degli archivi storici dove i ritratti di Claire Tabouret raccontano l’infanzia delle ospiti o dei loro piccoli parenti. Infine l’opera monumentale di Maurizio Cattelan è l’unica visibile all’esterno e che si può fotografare di tutto il Padiglione.
Intervista a cura di Arianna Testino