La figura di Pietro Porcinai (1910-1986), paesaggista tra i più significativi del Novecento europeo, esprime un capitolo emblematico, seppure isolato in Italia, del rapporto non sempre facile tra paesaggio e architettura. Nel caso di Porcinai appare interessante osservare come il lavoro di un professionista del paesaggio si avvalga con uguale intensità sia di un vivace interesse per l'architettura e la cultura artistica del proprio tempo, sia di un sapere tecnico e di una eccezionale padronanza nel campo botanico, aspetti che convergono in una visione unitaria e autonoma del mestiere. La vicenda sorprendente di Porcinai, “inventore” di una mentalità professionale e culturale in gran parte inedita nel panorama italiano del suo tempo, si arricchisce da subito dei necessari approfondimenti all'interno di un orizzonte internazionale dal quale prende forza e che gli permette di gettare uno sguardo innovativo sul progetto del paesaggio italiano. Il continuo scambio con colleghi e tecnici stranieri e il prestigio guadagnato, soprattutto dagli anni del dopoguerra, in campo internazionale, permetteranno al paesaggista fiorentino di proiettare il proprio lavoro e la propria mentalità verso un'estesa rete di committenze e di incursioni professionali (nel suo archivio oggi si conservano circa 1400 progetti), che va ben oltre la sfera convenzionale del giardino privato. Questi temi confluiscono nel volume sia attraverso la presentazione di contributi inediti sullo stesso Porcinai, con particolare riferimento al suo lavoro in area veneta, sia attraverso la convocazione di paesaggisti che hanno lavorato in questo campo negli stessi anni, e con analoga mentalità. Da questo confronto emerge una riflessione sulle prospettive del progetto di paesaggio in Italia, sulla sua collocazione teorica, formativa, sulla necessità di un profilo riconoscibile all'interno di un orizzonte più ampio.
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